martedì 12 giugno 2012

Contro la flessibilità

La flessibilità totale, poter disporre a proprio piacimento della forza lavoro senza dover rispondere se non al proprio tornaconto, non è il sogno di ogni padrone, né l'inequivocabile indizio della modernità globalizzata. I vecchi ricordano che fino agli anni cinquanta del secolo passato nella piazza principale del paese, tutte le mattine, si radunava la piccola folla dei disoccupati: aspettavano i proprietari terrieri del luogo, sos printzipales, meres, possidentes, così vengono chiamati dalle mie parti, e qualcuno di loro, non tutti certo, avrebbe avuto la sua giornata lavorativa. 
La legge della domanda e dell'offerta funzionava alla perfezione, senza le indebite intromissioni del potere pubblico né le pressioni dei sindacati. Tra più operatori in libera concorrenza tra di loro riusciva a spuntarla chi offriva la merce migliore o praticava prezzi più competitivi. 
Se hai necessità di mettere assieme pranzo e cena e disponi soltanto di un paio di braccia, devi accontentarti e possibilmente essere riconoscente con chi ti da il lavoro. Non devi avere grilli per la testa. La politica te la devi scordare. 
Fornero non innova niente. La sua flessibilità è nient'altro che il ritorno ad un passato in cui i ruoli e le gerarchie sociali erano definiti con precisione: il padrone era il padrone e faceva quel che gli conveniva, trattando i braccianti come una delle tante variabili del processo produttivo, di cui si può fare ciò che si vuole, come un somaro o un sacco di patate.

9 commenti:

  1. A sentirti sembreremmo in una società con piena occupazione, non in un paese con serissimi problemi di disoccupazione. Meglio allora pochi privilegiati con il lavoro sicurissimo e una sterminata distesa di disoccupati.

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    1. La piena occupazione sarebbe l'incubo dei capitalisti.

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    2. E perchè mai, di grazia? Perché lo dici tu per partito preso? Se c'è piena occupazione ci sono consumi e tutti stanno meglio, chi vende e chi compra. Il mondo delle mezze pance vuote è quello in cui i capitalisti chiudono bottega.
      Ma è tempo sprecato discuterne, diceva zio Schopenhauer "contra negantem principium non est disputandum". Ed era uno che era 1000 anni avanti.

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    3. Io parlo sempre, e letteralmente, per partito preso. Non sono imparziale, non riesco ad essere indifferente, motivo per cui faccio politica. Se non avessi "preso partito" mi sarei dedicato a fare altro.
      Ciò premesso veniamo al punto della discussione.Se c'è piena occupazione i lavoratori possono sempre dire: " O mi dai tanto o vado da chi mi paga di più".

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    4. Partito preso=prosciutti sugli occhi. Piena occupazione significa che tutti prosperano, la domanda è ai suoi massimi e tutti i fattori produttivi sono adoperati al massimo, c'è benessere. Questo significa di più per tutti. Nessuno va preso a strozzo e nessuno ha interesse a prenderlo, visto che tutti stanno bene. Secondo me questo è l'incubo dei presunti rivoluzionari, perché in quella condizione li prenderebbero tutti a calci nel culo. In un paese che sta bene. L'incubo dei capitalisti ricattatori è una società senza domanda, dove si chiude bottega. L'italia di oggi, dove gli imprenditori si impiccano perché devono licenziare e non possono pagare i debiti sarebbe il paradiso del capitalista? I prosciutti si magnano, via dagli occhi HERMANO. :P

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    5. Insomma. O si accede senza riserve alla dottrina liberqualcosa oppure si hanno i prosciutti negli occhi. Mi pare anche il tuo, hermano, un ragionamento per partito preso. Bada che, se così fosse, io ne sarei ben felice, perché anche tu saresti costretto a giocare a carte scoperte. Il "di più per tutti" se i ricchi sono più ricchi è un sogno, un'ammiccante favoletta che per essere creduta richiede una massiccia dose di ingenuità. Cosi come bisogna essere davvero sprovveduti pensare che se le aziende fanno più profitti c'è maggiore benessere per tutti.Più profitti significa semplicemente più profitti, salvo che, a priori, non vengano stabiliti dei criteri di spartizione.

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  2. La disoccupazione non viene creata dagli occupati privilegiati, ma dalle aziende che chiudono per andare ad aprire in posti dove il lavoro è sottopagato. A me pare strumentale, in ogni caso, contrapporre gli occupati con il lavoro fisso e garantito, ai disoccupati. Non si crea occupazione dando facoltà di licenziare ad nutum i dipendenti che alzano la testa contro i diktat padronali.

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  3. Non è molto corretto metttere parole in bocca a chi ti risponde, fratello. Io non mi sono mai sognato di dire che la disoccupazione è cretata dai privilegiati, ho detto che la flessibilità è frutto di un mercato del lavoro in cui molti non lavorano, c'è un eccesso di offerta di lavoro rispetto alla domanda (e non pensare che abbia invertito i termini, è così che si pone il problema in termini economici). Siccoma la domanda è bassa al saggio di salario attuale, è chiaro che o si abbassa questo o molti rimarranno in mezzo a una strada. A chi tutto e a chi nulla. Ma quanti sono questi diavolo di licenziamenti politici? A me sembra il bau bau, questo, dirò...

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  4. I licenziamenti politici sono stata una durissima realtà, di cui hanno fatto le spese militanti comunisti e dirigenti sindacali. Oggi non servono, è sufficiente non rinnovare i contratti, tutti o quasi rigorosamente a tempo determinato.

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