venerdì 14 settembre 2012

Etymologiae

Privatus, etimologicamente, significa tolto, sottratto a qualcuno e assegnato a qualcun altro. Per cui, privatizzare vuol dire togliere, privare qualcuno di qualcosa. Molti perdono qualcosa, un servizio ad esempio, e pochi o uno solo guadagnano, rivendendo ciò che prima i cittadini potevano avere gratuitamente o a prezzo politico.
Abbiamo avuto accesso alla scuola e alla sanità pubbliche. Se non ci possiamo permettere di pagare il medico perché non abbiamo denaro  la mutua provvede per noi. La prestazione medica, mediante la quale si esplica il fondamentale diritto alla salute, non dovrebbe essere  oggetto di contrattazione. Libertà di cura quindi non significa soltanto scegliersi il medico, o avere voce in capitolo circa questo o quel trattamento sanitario. Significa, in maniera ben più pregnante e conformemente all'articolo 32 della Costituzione, avere accesso gratuito alla sanità. E, dal momento che il personale, le strutture sanitarie e i farmaci hanno un costo, è lo Stato che vi provvede attraverso il denaro frutto del prelievo fiscale, improntato nel nostro ordinamento al criterio di progressività di cui al secondo comma dell'articolo 53. Delle due l'una: o si accetta il principio  paga o creppa oppure si sopporta l'imposizione fiscale, finanziando una serie di servizi di cui potenzialmente si potrebbe non usufruire. Discorso analogo può essere fatto per l'istruzione, gratuita e obbligatoria ai sensi dell'articolo 34.
Si obietta in genere che il privato è più efficiente del pubblico. La cosa può anche avere un fondamento ma questo non è un buon motivo per eliminare la sanità pubblica, o la scuola o la previdenza. Ciò che non funziona non va soppresso ma messo in condizione di funzionare.
Poniamo, in ipotesi tutt'altro che peregrina, che venga cancellato il sistema sanitario nazionale. I pazienti saranno costretti a reperire nel mercato le cure di cui necessitano; i medici, in concorrenza fra loro, offriranno i loro servizi, cercando di intercettare gli orientamenti della clientela. Domanda e offerta si incontreranno liberamente sul mercato. Più è grave il male da cui si è afflitti e più si è disposti a pagare. Gli oncologi faranno denaro a palate perché, logica conseguenza di un mercato che non tollera interferenze, sarà abolito l'ordine dei medici e quindi non vi sarà limite alla rapacità umana, non disposta a fermarsi neppure davanti al letto di un moribondo. Il medico si muoverà come un qualsiasi imprenditore, cercando di massimizzare il proprio utile. I ricchi - che saranno sempre più ricchi perché la privatizzazione della sanità determinerà un significativo alleggerimento della pressione fiscale - potranno avere prestazioni sanitarie di primo livello, i meno ricchi dovranno accontentarsi di cure dignitose e così via fino ad arrivare ai nullatenenti, che spereranno solo nel buon cuore del prossimo. Nulla di rivoluzionario in questo. In Italia solo nel tardo Ottocento i pubblici poteri iniziano ad occuparsi della salute dei sudditi; bisognerà attendere il 1946 per sancire la costituzionalizzazione dei diritti sociali, fra cui rientra naturalmente quello alla salute. 
Poiché è all'America che guardano i liberisti, le destre e buona parte della sinistra, sarà appena il caso di ricordare che Obama rischia di non essere riconfermato alla Casa Bianca proprio perché la sua riforma sanitaria, che gli ha fatto guadagnare l'accusa temeraria di socialismo, si è scontrata con gli interessi colossali delle compagnie assicurative.
Peter Sloterdijk in La mano che prende la mano che dà ha ipotizzato la trasformazione del prelievo fiscale da atto coercitivo in gesto donativo che le classi agiate compiranno volontariamente a favore dei settori più svantaggiati della società. In questo modo, da una parte si ridurrebbe la pressione fiscale fino ad estinguersi, dall'altra si favorirebbe il processo di emancipazione dell'individuo nei confronti dello Stato. 
La proposta di Sloterdijk comporta l'estinzione del welfare state, direi anzi che a questo mira, ed è sufficiente una lettura in buona fede per comprendere l'assetto di interessi sotteso all'etica del dono.
Non possiamo escludere che sul lunghissimo periodo un sistema di volontarie interazioni possa raggiungere un livello ottimale di efficienza, generando benessere diffuso e innalzando le condizioni materiali di esistenza di quei soggetti che oggi devono ricorrere alla mano pubblica per ottenere quei beni e servizi che non possono reperire sul libero mercato. In quest'ottica è quindi ragionevole che i meno abbienti possano essere oggi privati di un'utilità per  riaverla dopodomani maggiorata degli interessi. 
Sarò pure in mala fede, ma ho il sospetto che la solidarietà intergenerazionale sia una patetica foglia di fico.  
La smania delle privatizzazioni e il radicalismo antifiscale, anche quando condotti in nome della libertà e contro lo stato elefantiaco e grassatore, sono  il cavallo di battaglia della borghesia transnazionale. La sinistra chiede soltanto che sulla questione di classe si prenda posizione esplicita, senza trincerarsi dietro la parola libertà. Non ci vuole poi così tanto: è sufficiente chiamare le cose con il loro nome.

12 commenti:

  1. Sono sostanzialmente d'accordo con l'articolo, ma credo che alcune cose vadano chiarite. Personalmente, in Italia ho sempre votato "a sinistra" pur essendo una persona che, in un Paese normale (e l'Italia non lo è, ça va sans dire) voterebbe per il centrodestra perché mi ritengo un irriducibile liberale. Ma, appunto, liberale non è sinonimo di liberista. I primi non hanno nulla a che spartire coi secondi, giacché non metterebbero mai in dubbio alcuni pilastri fondamentali di uno Stato come, appunto, la sanità, l'istruzione (a tutti i livelli), la ricerca, la sicurezza e via discorrendo. Eppure, è innegabile che in Italia siamo in presenza di una pubblica amministrazione quantitativamente obesa e qualitativamente inefficiente e, spesso, impreparata rispetto agli anni che viviamo. Penso - e parlo per esperienza diretta - di tutti quegli impiegati over 55 assunti molti anni fa negli uffici pubblici che oggi hanno difficoltà ad accendere un computer o che conoscono internet per sentito dire. In un piccolo comune come il mio, dove la mole di lavoro è ragionevolmente ridotta, vederli oziare dall'alba al tramonto (almeno quando hanno la decenza di presenziare negli uffici...) è un pugno al cuore per quelli che hanno un lavoro precario e/o sottopagato. Non penso che sia il caso di licenziarli, per carità, dopotutto con quello stipendio hanno messo su e dato da mangiare alle loro famiglie, ma se ci si rende conto che un certo numero di impiegati è di troppo, perché non mettere per legge che oltre un certo tot non bisogna assumere? E che dire del fondo unico per lo spettacolo, dei sovvenzionamento ai partiti (che, ricordo, sono enti privato che non dichiarano nemmeno quel che incassano e come lo spendono) ed ai contributi per l'editoria? Se la regola dev'essere - come secondo me dovrebbe essere - quella del libero mercato e della concorrenza, se uno vuol fondare un quotidiano per diffondere le proprie idee, deve rischiare in proprio, non caricare la collettività delle sue privatissime scelte. E che non si obietti con la scusa che l'informazione non può essere privatizzata perché altrimenti rimarrebbe in mano solo ai miliardari: se così fosse, piaccia o non piaccia, come fa il Fatto Quotidiano a vivere senza contributi pubblici? Sicché, in casi come questi, l'unica regola dev'essere quella di riuscire a farsi un pubblico, anche nel caso di attività culturali come il cinema, il teatro et similia. Quindi, non vorrei mai l'americanizzazione di alcuni servizi basilari, per tutto il resto però, ritengo che lo Stato debba dimagrire, e di parecchio. Che ne pensi? (Ci possiamo dare del tu?)

    Mi scuso per questo commento parecchio lungo e per essermi intrufolato in questo blog, spero di non aver disturbato.

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  2. Ps: chiedo venia per alcuni errori di battitura.

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  3. I commenti sono sempre graditi, specie se, come in questo caso, formulati in maniera chiara ed educata. Accordiamoci su un punto: scuola, sanità, previdenza non possono essere oggetto di lucro. Per quanto riguarda la pubblica amministrazione, io spesso ho incontrato impiegati indaffaratissimi alle spalle con una cattiva efficienza, che non è a loro imputabile. Tre persone che fanno il lavoro di dieci finiscono inevitabilmente per farlo male. Quanto agli over cinquanta che non maneggiano il PC ci vuol poco ad apprendere. Credo che i dipendenti pubblici(tra cui rientro pure io) vadano messi nelle condizioni di lavorare al meglio.

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  4. È vero, spesso non sono nelle condizioni, ma se tre persone riescono - seppur molto faticosamente - a fare il lavoro di dieci, perché non assumerne cinque, anziché dieci, e tutti pienamente "efficienti"?
    Intendiamoci: la mia non è una bieca invettiva contro il pubblico impiego, ma è evidente che l'attuale pletora va abbastanza sfoltita.

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  5. Sono d'accordo con te Giancarlo:la pubblica amministrazione non può essere un immenso ufficio di collocamento. Allo stesso tempo sono convinto che introdurre elementi di privatizzazione non serva a rendere migliore la P.A.

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  6. Forse non mi sono spiegato bene, ma era esattamente ciò che intendevo :-)

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  7. Publicus invece significa tolto, sottratto a qualcuno e assegnato a qualcun altro. Da dove infatti vengono i soldi per la sanità pubblica se non da "qualcuno" e questi soldi come vengono presi se non sottratti?
    Se non ci possiamo permettere di pagare il medico perché non abbiamo denaro... lo dobbiamo solo inputare a chi, leggi i governi, ci impone di devolvere il 50% del nostro lavoro per sfamare i festini di Franco Fiorito.

    Questo solo per dire che non esistono sanità e istruzione gratuite. Ciò che è pubblico è pagato coi soldi "privati" -etimologicamente parlando- a qualcuno, cioè a tutti. Ma attenzione, prima di andare a pagare i servizi pubblici il 90% di quei soldi passano e ripassano a mille mani finché solo l'1% viene usato per pagare i servizi. E allora mi chiedo se il pubblico non è altro che un grande meccanismo per finanziare i soliti pochi e per derubare i soliti molti.


    Per quanto riguarda l'America è il modello più lontano a cui io come libertario possa fare riferimento. Se proprio posso individuare una nazione odierna a cui sono più vicino nominerei la Svizzera o Singapore.

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  8. Brevemente sulla vicenda Fiorito. Sarà pur vero che il sistema del finanziamento dei partiti è da rivedere. e personalmente ritengo che vada rivisto in maniera drastica. Ma questo non significa che se uno si appropria di denaro pubblico per scopi privati la colpa sia del sistema. Troppo facile imputare le colpe al sistema. Le responsabilità, in questo caso la responsabilità penale, sono sempre e solo personali.

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  9. Mmm ovviamente non concordo.. ;)
    Il fatto è che se il sistema permette queste cose è marcio in partenza. Nel senso che non esistono barriere all'entrata di questi individui ma solo incentivi. I "cattivi" hanno accesso al sistema e anzi vengono votati più dei buoni. Pensare che al governo vengano selezionati solo i buoni perché hanno una autorizzazione popolare e che i cattivi se ne stiano in disparte è un'ingenuità che il sistema democratico rende legge sacra. Il voto popolare è sacro e può solo selezionare il meglio.

    O per un governo tirannico coem diceva Lysander Spooner:
    “But whether the Constitution really be one thing, or another, this much is certain - that it has either authorized such a government as we have had, or has been powerless to prevent it. In either case, it is unfit to exist.”

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  10. Fabristol,
    Che il sistema sia marcio non c'è dubbio. E magari, partendo da premesse culturali opposte alle tue, sono pronto a rincarare la dose. Anche dalle mie parti, ideologicamente parlando, si attribuiscono spesso e volentieri le colpe al sistema. Il sistema diventa così il capro espiatorio in cui la colpa è di tutti e finisce per non essere di nessuno.

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  11. Domandina ina ina: chi lo dice che dei soldi destinati alla sanità alla stessa ne arrivi solo l'1% del 90%? tiriamo i numeri a caso?
    Io vedo una pubblica amministrazione molto priva di mezzi e di possibilità di lavorare efficientemente, ed è forse per devolverla al privato che la si sta spolpando in anticipo.
    Privato e pubblico sono parole, quello che conta è che l'individuo sia libero e dotato di mezzi per vivere e prosperare. Questo è essere autenticamente liberali e autenticamente socialisti.

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  12. Non sono io che ho affermato che l'1% dei soldi va ai servizi e il resto destinato alla burocrazia. Credo che la cifra indicata dal commentatore sia volutamente iperbolica.

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