mercoledì 14 febbraio 2018

Aspettando il quattro marzo/2

Da spettatore non sempre attento ho l'impressione che questa campagna elettorale veda una strana e trasversale polarizzazione: poche persone competenti, che sanno ciò che è bene e che oggettivamente si deve fare, contro una massa di zoticoni analfabeti, vittime potenziali di demagoghi e sobillatori, spacciatori di ricette per un radioso futuro, gente che non frequenta i salotti, si occupa poco di diritti civili e molto di cose concrete, come se i corpi migliaia di migranti in fuga dalla guerra annegati a due passi da casa non fossero una tragedia visivamente concreta, orrendamente percepibile anche dalle spiagge frequentate dalla gente, come se morire con dignità e rifiutare il dolore - il dolore che fa urlare e maledire non quello dei filosofi e dei teologi - o, viceversa, accettarlo come viatico per un domani ultraterreno di sconfinate felicità sia una questione oziosa e accademica. 
Salvini, con la sua stessa presenza, barba incolta, vestito come un impiegatuccio scapolo che la domenica mattina va a trovare la vecchia mamma e con le sue uscite idiote - l'anagrafe antifascista come l'anagrafe canina - è una garanzia di affidabilità; non promette niente perché sta già dando sé stesso,  lui è ciò che il suo elettore tipo chiede e sa di essere, volgare, incattivito, rancoroso; parla al ventre e al bassoventre, usa un italiano scarnificato, cavalca tutto ciò che è politicamente scorretto e si attesta sistematicamente al di sotto dei livelli minimi di buona creanza.  
Altro esempio di populismo deteriore: Giorgia Meloni e la boutade sulla rimozione di Cristian Greco dalla direzione del museo egizio di Torino. La sua imperdonabile colpa? Sconti per i visitatori di lingua araba, che a Torino costituiscono un segmento di mercato appetibile. Naturalmente non rimuoverà nessuno perché il Governo non ha il potere di farlo neppure se Fratelli d'Italia dovesse diventare il primo partito dopo il quattro marzo. In ogni caso meglio non fidarsi troppo: la volontà di epurare scavalca competenze e procedure. Arabo non coincide con islamico, ma è un dettaglio sul quale si può sorvolare perché la becera demagogia fa cassa su un presunto e mal compreso sentimento identitario che non bada a certe sottigliezze.
Sembrerebbe quindi che questa campagna elettorale veda la rivincita del populismo malato ( lo preciso, perché credo che possa esistere un populismo sano, che si fonda sulla consapevolezza della contrapposizione tra popolo e classi dominanti) sui tecnici, che pure hanno delle delle responsabilità enormi sulla rivincita dell'intolleranza e del razzismo. Non sarà certo un caso che Salvini sbandiera l'abolizione della legge Fornero, ipotesi più che giusta in termini di equità sociale, ma che si accompagna ad altre promesse meno rassicuranti - ronde ed espulsioni in massa di migranti - che ascrivono il movimento salviniano alla consolidata tradizione xenofoba della Lega. 







lunedì 5 febbraio 2018

Aspettando il quattro marzo/1

Vivo un periodo elettorale anomalo: per la prima volta dopo tredici anni di militanza potrò svolgere il ruolo di elettore consapevole, una capitis diminutio, almeno rispetto al frenetico andirivieni che mi ostinavo ad identificare come impegno. Bisognava preparare le liste per tempo, come prescriveva lo statuto del mio partito di allora, facendo attenzione inserirvi i nomi giusti, cioè quelli che avrebbero dovuto portare i voti, tanti ma non troppi da rischiare di scalzare, in caso di improbabile elezione, i candidati interni; poi la raccolta delle firme, la presentazione della lista e finalmente la campagna elettorale, attaccare manifesti che nessuno avrebbe visto, fare il giro dei paesi, presenziare a tutte le iniziative almeno per provare a riempire sale e piazze. Un occhio sempre rivolto ai sondaggi e l'ossessione del quorum da raggiungere. Poi arrivava il deludente dopo, che chiamavamo ampollosamente analisi del voto, in cui ritualmente ci chiedevamo dove avessimo sbagliato. Le risposte abbondavano sempre e mai nessuna mi convinceva, neppure quelle che potevo dare io. Seguivano defezioni di delusi e silurati, con annessi cambi di casacca. 
Questa volta è un pò diverso. Non ho più tessere di partito, non è bello ma cerco di fare di necessità virtù. 
Andrò a votare e non ho avuto mai la tentazione di non andarci; non voterò scheda bianca e non la farò annullare. Forse ha ragione chi pensa e dice che votare non serve a nulla. Magari è pure vero ma neppure il non farlo serve a qualcosa. In ogni caso io proprio non ci riesco a dirmi completamente deluso, ad ammettere che sono tutti uguali: sarebbe come alzare bandiera bianca e firmare la dichiarazione di resa incondizionata.
Voterò dunque, come ho sempre fatto, ma senza attendere né impartire ordini di scuderia. La solitudine politica ha almeno il vantaggio di conferire libertà e quindi responsabilità.


In memoria del professor Todini

     Ho visto il video senza l'audio e mi sono abbandonato ad un commento vigliacco e banale: il dato positivo della faccenda - ho de...