“Cuba abbandoni il marxismo”. Più diretto non poteva essere papa Benedetto. Quasi rimpiango la prudenza di Giovanni Paolo II nel gestire la diplomazia vaticana. Papa Ratzinger non intima la resa incondizionata ma indica, alla Chiesa naturalmente, non a Cuba, la strada da seguire nei prossimi anni. Il socialismo reale è sulla via del tramonto; il liberismo, nelle sue varie declinazioni, si gode il suo momento di gloria; il mercato e la libera iniziativa economica sono glorificati come la panacea per tutti i mali del pianeta; il conflitto di classe è scomparso dall’orizzonte concettuale dell’Occidente. Prendiamone atto: hanno vinto loro e noi abbiamo perso. Anche in Vaticano devono averlo compreso bene e le parole di Benedetto XVI suonano come un manifesto politico-ideologico, come una tardiva offerta di alleanza al vincitore. È come se Ratzinger chiedesse perdono ai potenti del pianeta per le intemperanze della teologia della liberazione, peraltro sempre condannata dalla Chiesa ufficiale. Non a caso è andato proprio in America Latina a pronunciare il suo sermone. Conformemente alla tradizione, e tradendo il Vangelo, la Chiesa si schiera coi potenti, rinnova il patto con gli oppressori e si mette a disposizione per lenire il dolore dei vinti, senza, sia ben inteso, mettere in discussione il modo di produzione capitalistico.
domenica 1 aprile 2012
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