Chi erano gli italiani morti nell'attentato di Dacca? La risposta si trova in questo articolo che spiega anche cosa facessero in Bangladesh: lavoravano per aziende che operano nel settore tessile. Perché proprio il Bangladesh? Perché in Bangladesh la manodopera ha costi concorrenziali, perché vi pullulano orrendi e maleodoranti opifici del tutto simili a quelli della prima rivoluzione industriale, perché in Italia, nonostante le controriforme dell'ultimo trentennio, il lavoro ha mantenuto una parvenza di dignità e i padroni non possono ancora fare tutto ciò che vogliono e, quindi, per ripicca delocalizzano, cioè chiudono l'attività, licenziano vomitando risentimento contro burocrazia, sindacati e tasse e ricominciano dove le leggi sono meno stringenti, i funzionari governativi disposti a chiudere un occhio e anche l'altro, i sindacati addomesticabili e, soprattutto, le condizioni materiali di esistenza tali da indurre il lavoratore a sottoscrivere liberamente il contratto di riduzione in schiavitù.
giovedì 7 luglio 2016
domenica 3 luglio 2016
Come sempre brava gente
Siccome nove italiani sono molti in un attentato terroristico a Dacca, Bangladesh, dovrei essere particolarmente mesto ed esibire lutto e costernazione.
Posto che i morti non erano né amici né parenti, posto che con loro non avevo alcun genere di rapporti, il dolore è pari a quello che proverei se le vittime anziché connazionali - ma quanto è vecchia e pericolosa l'idea di Nazione - fossero, per dire, israeliani, cinesi, cingalesi o sudafricani. Dolore comunque incommensurabile.
Spiace solo che del resto del mondo, stuprato e vilipeso dall'imperialismo occidentale, ci si accorga soltanto quando i morti hanno il nostro stesso passaporto.
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