L’Italia, devotamente
solerte nei compiti a casa imposti dall’Europa in materia economica e
finanziaria, si mostra piuttosto restia ad accogliere alcuni principi di
civiltà giuridica che dovrebbero caratterizzare un paese che voglia definirsi
pienamente civile.
I fatti di Genova del
2001 sono noti, e proprio il comportamento delle forze di polizia in
quell'occasione ha esposto l’Italia al discredito internazionale. Per due
giorni di fila la costituzione repubblicana è stata di fatto sospesa. Dalla
fine della seconda guerra mondiale mai era accaduto che la violenza poliziesca
si scatenasse con tanta furia su centinaia di persone contemporaneamente e
nello stesso luogo. Qualche giorno fa, tra l’indignazione dei fogliacci di
destra e i troppi distinguo della sinistra di governo, l’Italia è stata
condannata per violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti
umani che prevede il divieto dei trattamenti disumani e degradanti. La
macelleria messicana di quattordici anni fa, verità giudiziaria e storica allo
stesso tempo, sarebbe di per se un fatto di indicibile gravità, tale da indurci
a riflettere sulla solidità delle istituzioni democratiche. Invece alla
brutalità del massacro si aggiungono considerazioni volte a giustificare
l’ingiustificabile e la celebrazione acritica e rituale delle forze di polizia,
sempre accompagnata dalla citazione delle righe di Pasolini sui fatti di Valle
Giulia.
L’introduzione del
reato di tortura è, quindi, necessaria ma insufficiente: è noto, infatti, che la
creazione di nuove fattispecie di reato o l’inasprimento delle pene per quelle
già previste difficilmente funziona da deterrente se non accompagnato da altre
misure. In questo caso potrebbero risultare utile elementi di riconoscibilità
nelle uniformi degli agenti in servizio nelle manifestazioni e un controllo più
stringente da parte della magistratura.
Soprattutto, ragionando
in una prospettiva di medio periodo, sarebbe opportuno investire sulla
formazione delle forze di polizia, che dovrebbero selezionare con maggiore
severità i candidati, prestando particolare attenzione al loro profilo
psicologico, in modo da escludere a priori i soggetti in cui si si possa
intravvedere una marcata propensione alla violenza: operazione tutt'altro che
semplice ma indispensabile se non si vuole cedere a facili e ingenerose
generalizzazioni.